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I “GRANI CRUDI” NEL PROCESSO DI PRODUZIONE DELLA BIRRA

INTRODUZIONE

Il tipico ingrediente usato nella produzione della birra è il malto d’orzo. L’amido contenuto nell’endosperma dei suoi chicchi è quindi la fonte principale degli zuccheri e dei carboidrati che compongono il mosto di birra.

Il malto è anche una fonte importante di enzimi che svolgono la fondamentale attività di trasformazione delle molecole complesse di amido e proteine contenuti nei tessuti di riserva del chicco in composti semplici e disponibili per il metabolismo del lievito.

Questa attività, che comincia durante il processo di maltaggio, si esplica principalmente durante il processo di produzione del mosto in sala cottura.

La quantità di enzimi amilolitici del malto è normalmente in eccesso e può essere sfruttata dal punto di vista tecnologico per la saccarificazione di amidi di origine diversa.

E’ possibile quindi aggiungere insieme al malto altri cereali che non hanno subito il processo di maltazione.

Si tratta dei cosiddetti “grani crudi” o “cereali non maltati”.

A questa categoria appartengono anche gli zuccheri in polvere e gli sciroppi di glucosio.

 

PERCHE’ I GRANI CRUDI

Alla base dell’utilizzo di grani crudi ci sono ragioni di carattere economico e tecnologico.

 

-Ragioni economiche

  • sono generalmente meno costosi per non aver subito il processo di maltazione ed in particolare la fase finale di essicazione
  • esercitano un “carico specifico” sul tino di filtrazione inferiore (si stima un 50% del versamento per il grits di mais rispetto al malto) e quindi permettono un versamento di materie prime superiore a parità di diametro del tino di filtrazione o capacità del filtro a miscela
  • nel caso di zuccheri in polvere e sciroppi possono essere dosati direttamente in caldaia di ebollizione
  • danno rese unitarie in estratto generalmente più elevate
  • permettono di aumentare la capacità della sala cottura a parità di lay out.

 

-Ragioni tecnologiche

  • contribuiscono alla miscela solo con estratto e perciò operano una diluizione di altri composti del mosto quali quelli azotati e polifenolici e di conseguenza
  • portano ad un incremento della stabilità colloidale della birra nel tempo
  • producono birre generalmente più secche e dissetanti
  • e dal colore più chiaro
  • permettono la produzione di mosti molto concentrati (sciroppi).

 

Da un punto di vista tecnologico quindi assumono grande rilevanza quando si voglia produrre una birra con particolari caratteristiche di secchezza, freschezza e bevibilità. Oppure quando l’obiettivo sia un prodotto con un grado saccarometrico particolarmente elevato. In generale, comunque danno caratteristiche distintive al prodotto, difficilmente riproducibili senza il loro utilizzo.

 

LA LEGISLAZIONE ITALIANA

Non tutte le legislazioni nazionali autorizzano l’uso di grani crudi o sciroppi. Per esempio, in Germania vige ancora una legge del 1516 – “Reinheitsgebot” o “della purezza” – che vieta l’utilizzo di altri ingredienti diversi dal malto d’orzo, luppolo ed acqua nella produzione della birra.

L’articolo 1 della legge che disciplina la produzione di birra in Italia, invece, autorizza l’utilizzo di cereali non maltati e sciroppi zuccherini per un massimo del 40% del versamento totale.

I grani crudi più comunemente usati nella produzione della birra sono di seguito elencati:

- mais o granturco

- riso

- orzo e frumento

- sciroppi di glucosio.

 

MAIS O GRANTURCO

Il mais è un cereale originario del continente americano, coltivato principalmente nelle zone temperate e tropicali del pianeta. Ha un ciclo vegetativo veloce che si esplica dalla semina alla maturazione in un tempo variabile da 90 a 145gg, in dipendenza della temperatura e della disponibilità di acqua.

A seconda della precocità è diviso in classi FAO dalla 200 alla 900 e oltre. Le classi da 300 a 6-700 sono le più usate nel nostro clima e per le nostre condizioni pedologiche, con una maturazione che varia quindi dalla fine di agosto alla fine di settembre / metà ottobre.

Il mais è una coltura estremamente produttiva: gli ibridi F1 di ultima generazione sono in grado di produrre, in condizioni pedoclimatiche ottimali e in terreni irrigui, 150qli/ha e oltre di granella.

Il mais in birreria si utilizza sotto forma di gritz cioè di un semolato di granulometria variabile dove generalmente il 90% delle particelle hanno un diametro compreso fra i 500me1 1500m.

Il mais non è ricco solo di amido ma anche di oli che devono essere separati perché causa di effetti indesiderati nella produzione della birra, quali

- precoce deterioramento del gusto del prodotto per produzione di composti aldeidici a seguito di ossidazione degli acidi grassi

- schiuma con caratteristiche di tenuta insufficienti.

Gli oli sono concentrati principalmente nel germe e nelle are del pericarpo (foglietti superficiali del chicco). Un buon gritz di birra si ottiene, quindi, quando queste parti sono accuratamente eliminate prima della macinazione. Ciò si ottiene con diverse tecniche e attraverso diversi passaggi attraverso macchine dedicate in impianti di molitura certificati.

Alla fine del processo, il gritz dovrà contenere non più del 1% di grassi residui sulla sostanze secca.

 

Uso del mais in birreria

L’amido dei grani crudi e nella fattispecie del mais non ha subito nessun attacco enzimatico come quello dell’orzo durante la fase di maltazione. La sua degradazione avverrà durante il processo di produzione a carico degli enzimi forniti dal malto stesso.

Perché questo avvenga però l’amido deve subire delle trasformazioni qui di seguito riassunte:

-    idratazione, con assorbimento di molecole d’acqua e rigonfiamento della struttura complessa

-    gelificazione, con formazione di salda d’amido. Generalmente questa avviene a temperature comprese fra i 65°C e i 72°C e dipende dalla varietà di mais e dall’andamento agricolturale  stagionale;

-    parziale liquefazione ad opera delle amilasi del malto. Il gel infatti rende la massa estremamente viscosa e difficile da essere mantenuta in agitazione e pompata. L’apporto di enzimi amilolitici da parte del malto aggiunto alla miscela opera una degradazione della molecola di amido, riducendone la viscosità. E’ sufficiente che un 10%-15% dei legami b 1-4 della molecola di amido siano degradati dagli enzimi per rendere la miscela liquida, più facilmente gestibile e suscettibile di seguenti trasformazioni;

-    ebollizione, con definitiva e totale distruzione dei granuli di amido e apertura delle molecole dello zucchero. Questo processo linearizza le molecole avvolte dell’amido rendendole disponibili per il successivo attacco enzimatico.

Da quanto sopra emergono due aspetti che devono essere tenuti in considerazione se si usa il mais nella produzione della birra:

-    il rapporto acqua / versamento nella miscela, che deve essere relativamente alto in modo da avere sufficiente acqua a disposizione per l’idratazione dell’amido e non formare miscele troppo dense e viscose. Tale rapporto è in genere di 3-4/1 (acqua, versamento);

-    la temperatura di impasto che deve tener conto della temperatura di gelificazione dell’amido del mais (variabile di anno in anno), ma non deve essere superiore a quella di inattivazione delle amilasi del malto – 72°C/75°C – in modo che queste possano svolgere correttamente la loro attività idrolizzante;

-    la quantità di malto da aggiungere alla miscela che deve essere sufficiente all’attività di liquefazione che deve espletare. Normalmente si tratta del 10%/15% del versamento totale della miscela.

 

La caldaia di miscela e l’impasto del mais

L’impasto del mais avviene in un recipiente dedicato chiamato “caldaia di miscela”, la cui presenza va quindi prevista nel progetto di una sala cottura nel caso si vogliano utilizzare mais o altri grani crudi.

Diverse possono essere le ricette di impasto, ma uno schema generalmente accettato è il seguente:

-    macinazione e impasto della quantità di malto – 10-15% del totale

-    versamento del mais e contemporanea aggiunta di acqua mantenendo la massa in agitazione in modo da evitare la formazione di blocchi di gritz in superficie

-    sosta alla temperatura di gelificazione – tra i 65°C ai 72°C generalmente

-    incremento della temperatura fino all’ebollizione che verrà mantenuta per un tempo variabile tra i 5’ e i 10’;

-    ricongiungimento della miscela con il mais al resto della miscela per eseguire la sosta alla temperatura di saccarificazione – 63°C-68°C.

Conseguenza naturale quindi dell’uso dei grani crudi è la necessità di utilizzare un processo a decozione per la formazione delle miscele e l’impossibilità di utilizzare quello per infusione.

 

I “fiocchi” di mais

Il mais può anche essere usato sotto forma di fiocchi (“flakes”).

I fiocchi si ottengono dal gritz per trattamento termico e successivo schiacciamento in cilindri appositi. Questo trattamento realizza una gelatinizzazione dell’amido che quindi non deve essere più eseguita a livello di sala cottura.

I fiocchi pertanto possono essere direttamente dosati nella miscela del malto e non hanno la necessità di subire un processo di ebollizione.

 

RISO

L’uso del riso è anch’esso largamente diffuso, in particolare in quegli areali dove la materia prima è largamente a disposizione.

Generalmente si usano i chicchi che si spezzano durante la perlatura del riso e per questo non sono più commercializzabili per scopi alimentari.

Questa materia prima è caratterizzata da un elevato contenuto di amido – tra l’85% e il 90% - e un basso tenore di proteine.

L’amido del riso gelatinizza a temperature superiori a quelle del mais e comprese fra i 70°C e gli 85°C. Temperature quindi al limite dell’attività degli enzimi amilolitici del malto.

Questo può rappresentare un problema perché a fronte di una gelatinizzazione, l’attività di liquefazione potrebbe essere inibita per l’alta temperatura, o viceversa essere insufficiente a causa di una molto parziale o assente gelatinizzazione.

 

ORZO E FRUMENTO

L’utilizzo dell’orzo non maltato può avvenire sotto forma di

-    orzo macinato

-    fiocchi di orzo.

Nel primo caso e necessario equipaggiare la sala cotte di un mulino ad hoc, perché l’orzo è molto più duro del corrispondente malto e quindi necessità di mulini a martelli idonei. Questo anche nel caso di macinazione a secco e non a umido del malto.

Nel caso di fiocchi il problema non sussiste ma la convenienza economica è molto inferiore.

L’orzo contiene meno estratto del riso e del mais ma il basso costo dell’unità di estratto ne rende conveniente l’utilizzo da un punto di vista economico.

Ha inoltre dalla sua parte il fatto che la sua composizione è fondamentalmente la stessa di quella del malto per cui non introduce nel processo modifiche di composizione tali da poter influenzare le caratteristiche sensoriali del prodotto finito.

Come gli altri grani crudi, l’amido dell’orzo deve subire un processo di gelatinizzazione e ebollizione per essere messo a disposizione degli enzimi del malto.

La gelatinizzazione dell’amido dell’orzo avviene a temperature più alte di quelle del malto corrispondente, dipendenti dal varietà e dall’annata ma generalmente a temperature superiori ai  65°C.

A tali temperature, gli enzimi b-glucanolitici del malto sono inattivati e quindi non più in grado di degradare le molecole di b-glucano apportate dall’orzo.

Questo fa sì che le miscele ottenute con l’aggiunta di orzo siano tendenzialmente molto viscose e difficili da filtrare, rendendo molto lunga e difficile la loro lavorazione.

Per questo versamenti di orzo superiori al 15%-20%, necessitano di un aggiunta di enzimi di provenienza esterna termostabili per rendere la miscela filtrabile.

 

Il frumento viene usato sotto forma di malto per la produzione di birre speciali, Weizen Bier e altre.

Il suo utilizzo come grano crudo è anche abbastanza frequente. La sua caratteristica è di apportare un gran quantitativo di proteine nel processo creando formazioni eccessive di torbido nelle varie fasi del processo e talvolta nel prodotto finito se non ben stabilizzato.

Anche le miscele contenenti frumento sono molto viscose, ma la viscosità non è qui dovuta ai b-glucani ma ai pentosani (xilani).

 

SCIROPPI DI GLUCOSIO

Gli sciroppi zuccherini sono prodotti a partire dall’amido. La fonte di amido più comunemente usata alle nostre latitudini è il mais o granturco.

Il processo produttivo è suddiviso in fasi, che a loro volta sono riunite in gruppi omogenei per finalità e che, a loro volta, costituiscono sezioni diverse dell’impianto produttivo.

 

AMIDERIA

-      Macerazione: il granturco viene messo a macerare per circa 35 ore a 50°C in grossi serbatoi con acqua allo scopo di estrarre per osmosi le sostanze solubili e di rendere i chicchi morbidi e adatti alla successiva macinazione

-      Premacinazione: questa operazione ha lo scopo di frantumare i chicchi per liberarne il germe che viene separato dalla massa mediante centrifugazione

-      Macinazione: la massa liberata dal germe, costituita dai tre elementi amido, proteine e parti cellulosiche, subisce un’ulteriore macinazione e passa poi su filtri statici a griglia per separare la parte più grossolana che è la crusca

-      Lavaggio Amido (separazione amido-proteine): con questo termine si intende la separazione della frazione amidacea dalla frazione proteica (glutine di mais) e viene eseguita con separatori centrifughi a piatti conici. L’amido poi viene lavato in macchine statiche contenenti cicloni ad alta efficienza e di piccole dimensioni (Dorr Clones) alimentati con pompe ad alta pressione. Dopo il lavaggio, l’amido viene essiccato e destinato ad usi differenti. La sua sospensione in acqua, “latte d’amido”, è la materia prima per la produzione degli sciroppi.

GLUCOSERIA

-      Idrolisi: l’amido liquido in sospensione acquosa viene aggiunto di b-amilasi e idrolizzato a vapore vivo in un convertitore continuo che lo trasforma in sciroppo di malto destrine

-      Formazione del glucosio: la malto destrina viene inviata in appositi incubatori dove ad opera di enzimi b-amilasi, in determinate condizioni di acidità e temperatura, subisce una parziale demolizione della sua molecola con formazione di uno sciroppo di glucosio con tenori di destrosio, maltosio e polimeri superiori, in varie percentuali. La sommatoria di tali zuccheri viene espressa come Destrosio Equivalente (DE) che può assumere valori di 36-40 e 40-43 secondo i vari tipi di prodotto finito richiesto. Il liquido ottenuto viene filtrato e decolorato con resine a scambio ionico.

-      Concentrazione: segue una fase di concentrazione, de-odorazione e demineralizzazione per ottenere alla fine uno sciroppo denso con 80-83% di sostanza secca.

-      Impianto di destrosio

  • Se la demolizione della molecola viene ottenuta con la combinazione di enzimi b-amilasi nell’idrolisi e glucoamilasi nella saccarificazione, la trasformazione in destrosio è quasi totale. In questo modo l’idrolizzato in uscita dal convertitore viene saccarificato negli incubatori con enzima glucoamilasi, ottenendo uno sciroppo con altissimo tenore di destrosio (>95%).
  • A questo punto lo sciroppo viene filtrato e decolorato, preconcentrato e raffinato con resine adsorbenti e infine concentrato a circa il 70%.

-      Isoglucosio

  • Lo sciroppo zuccherino ad altissima concentrazione di destrosio, già raffinato  concentrato a circa il 45% di sostanza secca, può essere trasformato in fruttosio per isomerizzazione
  • L’operazione avviene in continuo con il passaggio su colonne contenenti resine inerti sulla quale è immobilizzato l’enzima “isomerasi”
  • Tale enzima, in particolari condizioni di temperatura, acidità e portata trasforma il destrosio nel suo isomero fruttosio, con una resa finale che può arrivare al 42% di fruttosio e 52-54% di destrosio.

 

Composizione zuccherina di alcuni composti commerciali

A seconda della destinazione d’uso e del processo utilizzato si distinguono prodotti commerciali differenti con diverse concentrazioni di destrosio, fruttosio, maltosio e zuccheri complessi.

 

Prodotti

Maltosio

Maltosio

Glu-Fru-Maltosio

Fruttosio

Glu-Fru-Maltosio

Sostanza secca

80%

70-72%

74-76%

70,5-71,5%

79,5-80,5%

Fructose

 --

 --

17-22%

40-44%

8-10%

DBx

0-6%

1-3%

40-46%

50-56%

35-40%

DB2

46-52%

47-51%

15-26%

0-5%

29-36%

DB3

15-25%

20-25%

Max 20%

 

Max 10%

DB4 +

 

Max 33%

 

 

 

 

Utilizzo degli sciroppi in birreria

Come accennato al punto 1, l’utilizzo degli sciroppi permette di aumentare la capacità della sala cottura e di produrre mosti a livelli di concentrazione molto elevata (birre speciali) senza incorrere in problemi di processo per la loro elevata viscosità.

Il dosaggio è normalmente effettuato direttamente in caldaia di ebollizione anche se soluzioni diverse, versamento nelle miscele, non sono completamente assenti dal panorama produttivo.

L’impianto di dosaggio è molto semplice ed è costituito semplicemente da serbatoi di stoccaggio coibentati e riscaldati, da una pompa idonea a pompare liquidi viscosi, da un sistema di automazione relativo.

Dal punto di vista tecnologico, sono da preferire sciroppi ad elevato contenuto di maltosio, perché questo è lo zucchero maggiormente rappresentato nel mosto di birra. Aggiunte di sciroppi ad alto tenore di glucosio – concentrazioni superiori al 10% sul totale versamento – possono, infatti, modificare la composizione zuccherina complessiva a favore di questo zucchero semplice con riflessi importanti sul processo di fermentazione.

Il lievito infatti preferisce ed utilizza per primi i monosaccaridi e solo in una fase successiva si attiva per metabolizzare i disaccaridi (maltosio). Se c’è un eccesso dei primi, l’attivazione per il consumo del maltosio si verifica quando la fermentazione è in uno stadio  avanzato e può non avvenire in maniera completa ed efficace, lasciando molto zucchero residuo nel prodotto finito.

Tuttavia, questo fenomeno si verifica con maggior o minor intensità in dipendenza del ceppo di lievito e di vari parametri del processo produttivo e la sua rilevanza dipende anche dal risultato che si vuole ottenere.

Per cui una regola definita e precisa non esiste e vale quindi quella di eseguire delle prove sperimentali per definire tipo di sciroppo e ricetta da utilizzare.

 

27 novembre 2011                                      Dott. Raffaele Sbuelz

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